I risultati delle Prove INVALSI si possono leggere in due differenti modi. Si può fare riferimento ai risultati assoluti per verificare se gli alunni hanno raggiunto livelli di competenze adeguati e si possono osservare i risultati netti o contestualizzati per comprendere il contributo della scuola al cambiamento degli alunni. Integrando questi due livelli di analisi possiamo osservare e capire il grado di funzionamento della Scuola.
Come si può valutare se gli alunni raggiungono gli obiettivi fissati dalle Indicazioni nazionali e dalle Linee Guida del Ministero dell’Istruzione?
Come si può valutare l’efficienza di una scuola senza tenere conto del contesto in cui essa opera?
A queste domande possiamo rispondere con l’aiuto dei risultati delle Prove INVALSI. Ma, come si può ben immaginare, servono due prospettive differenti. Occorre analizzare i dati delle rilevazioni nazionali e considerarne differenti aspetti: i risultati assoluti e i risultati netti o contestualizzati.
I risultati assoluti ci mostrano i livelli di competenze raggiunti dai ragazzi rispetto ai traguardi posti dal legislatore. I risultati contestualizzati tengono conto invece di fattori socio-culturali e ci fanno comprendere il contributo dato dalla scuola al cambiamento degli alunni.
Vediamo meglio qual è la differenza tra questi due modi di leggere i dati.
I risultati assoluti per misurare i traguardi raggiunti
I risultati assoluti o, come spesso vengono chiamati, i risultati osservati sono gli esiti che uno studente, una scuola, un territorio ottengono nelle prove standardizzate, come quelle INVALSI.
Sono detti assoluti poiché sono calcolati basandosi solo sull’esito della prova di apprendimento, senza prendere in considerazione il peso che l’ambiente di provenienza degli studenti può avere avuto sull’esito stesso.
Questo tipo di risultati consente di capire in quale misura sono stati raggiunti i traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali, che sostituiscono i vecchi programmi scolastici, al termine di un ciclo di istruzione.
Il legislatore fissa la meta da raggiungere in uscita da un determinato grado scolastico senza definire un riferimento che tenga conto del background dello studente o del contesto in cui opera la scuola.
Assumere traguardi impegnativi per tutti, indipendentemente dal contesto in cui si realizzano gli apprendimenti, risponde infatti all’esigenza di garantire a ciascuno il raggiungimento delle competenze ritenute necessarie per affrontare le sfide della società di oggi e di domani.
Una valutazione che non tenesse conto degli obiettivi che devono essere raggiunti in determinate fasi del percorso formativo risulterebbe, nei fatti, iniqua e incapace di sostenere la crescita individuale dello studente e collettiva del sistema scolastico.
Se non misurassimo i risultati assoluti potrebbe verificarsi l’eventualità che il sistema scolastico tenda involontariamente a riprodurre le disuguaglianze che già accoglie.
Potrebbe quindi venire meno o indebolirsi la funzione di promozione tipica dello stato sociale moderno, spostando l’attenzione principalmente sull’aspetto assistenziale, di inclusione formale.
L’attenzione verso i risultati assoluti serve anche a focalizzare l’attenzione degli studenti e delle famiglie sui livelli di competenza raggiunti, e non sul mero conseguimento del titolo che favorirebbe la dispersione scolastica implicita.
I livelli dei risultati assoluti
Per rendere ancora più immediata e comprensibile l’informazione relativa alle competenze raggiunte, dal 2018 l’INVALSI ha introdotto una nuova modalità di fornire i risultati assoluti.
I risultati delle Prove di Italiano e di Matematica sono espressi su una scala a cinque livelli: i primi due livelli indicano che i traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali per un determinato grado scolastico non sono stati raggiunti, mentre i livelli da 3 a 5 corrispondono al raggiungimento, via via più soddisfacente, dei traguardi stessi.
Per la lingua Inglese la scala dei risultati osservati è espressa invece in base ai livelli del QCER – Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue.
A seconda del grado scolastico, ogni livello di risultato è descritto in base alle competenze possedute da uno studente che ha raggiunto quel determinato livello. Espressi in questa forma i risultati consentono di riconoscere positivamente ciò che uno studente ha saputo fare nelle prove INVALSI e, leggendo i livelli successivi, ciò che deve ancora acquisire.
I risultati osservati possono essere aggregati per classe, per scuola, per regione o a livello nazionale. Ogni scuola dispone di queste informazioni che possono essere usate per comprendere in quale misura i propri allievi abbiano raggiunto i traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali.
I risultati netti per quantificare il contributo della scuola
Prestare attenzione ai risultati netti o contestualizzati significa guardare agli aspetti su cui ciascuna scuola può agire direttamente, dato il contesto sociale, economico e culturale in cui la stessa scuola opera.
Significa fornire alla scuola e all’intero sistema scolastico uno strumento di valutazione e di autovalutazione in grado di tenere conto del contesto che, certamente, sarebbe ingiusto e inappropriato trascurare.
I risultati netti ci permettono infatti di cogliere un altro aspetto molto importante: quanta parte di un risultato non dipende dal contesto in cui questo si realizza ma dall’azione specifica della scuola, tolto quindi l’effetto positivo o negativo del contesto o, come spesso si dice, a parità di altre condizioni.
Ogni scuola, ogni territorio, dispone quindi di uno strumento di valutazione e di autovalutazione per avere una misura, sia pure non esaustiva, della propria efficacia rispetto all’acquisizione delle competenze fondamentali misurate dalle prove INVALSI.
I livelli dei risultati netti: l’effetto scuola
Dal 2015 l’INVALSI fornisce a ogni scuola una misura di valore aggiunto, il cosiddetto effetto scuola, espressa in cinque fasce descrittive di livello, proprio per favorire un processo di valutazione e autovalutazione della propria efficacia a ciascun istituto.
La disponibilità dei risultati contestualizzati rappresenta una risorsa importante per le scuole, ma anche per chi governa il sistema scolastico, poiché consente di osservare i risultati ottenuti, liberi da elementi che renderebbero qualsiasi comparazione molto difficile, se non addirittura impossibile.
Due misure per una maggiore efficacia
I risultati assoluti sono uno strumento per promuovere il miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti. Indipendentemente dal background di provenienza, uno studente che non raggiunge almeno il livello 3 non può considerarsi sufficientemente competente.
Ma mediante i soli risultati assoluti una scuola non riesce a valutare a pieno la propria efficacia.
Infatti, i contesti sfavorevoli tendono a penalizzare gli esiti complessivi di una scuola o di un territorio, mentre attraverso i risultati contestualizzati è possibile capire se una scuola o una regione riescono comunque a fare progredire i propri studenti, nonostante le condizioni di partenza e il contesto sfavorevoli.
Se si considera un solo tipo di esito si perde quindi una parte fondamentale di informazione, rischiando quindi di non realizzare nei fatti l’obiettivo di promozione degli apprendimenti, sancita nei primi articoli della carta costituzionale, in cui si dice che lo Stato è chiamato a promuovere lo sviluppo e la crescita di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione.
Se ci limitassimo invece al risultato contestualizzato, si correrebbe il rischio che quanto è considerato adeguato in una determinata scuola o in determinato territorio non lo sarebbe in un’altra scuola o in un’altra regione. Di fatto questo svuoterebbe di significato il concetto di inclusione, limitandosi al suo raggiungimento formale e non sostanziale.