I dati INVALSI rendono osservabile un fenomeno piuttosto diffuso che spesso sfugge alle statistiche: la dispersione scolastica implicita. Una quota non trascurabile di studenti che conseguono il diploma non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola.Le criticità messe in evidenza dai risultati delle rilevazioni nazionali già nel primo ciclo d’istruzione potrebbero permettere una identificazione precoce di questo problema e consentire quindi azioni preventive efficaci.
La dispersione scolastica è un problema sociale che l’Italia, al pari di altri Paesi, cerca di ridurre. Questo perché i ragazzi che interrompono precocemente la loro formazione si apprestano ad affrontare la vita adulta con competenze di base insufficienti per muoversi autonomamente e consapevolmente nella società.
Il tasso di dispersione si determina misurando la quota degli ELET, Early Leavers from Education and Training, cioè di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che conseguono al più il titolo di scuola secondaria di primo grado o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni.
Grazie agli interventi di contrasto mirati il fenomeno si è ridotto. Tuttavia, in Italia la quota degli ELET secondo i dati EUROSTAT 2019 si attesta nel 2018 ancora al 14,5% della popolazione scolastica.
La dispersione scolastica implicita
Il dato sugli ELET non riesce però a dare l’esatta dimensione del problema della dispersione scolastica. Alla dispersione esplicita, gli ELET, sfuggono quegli studenti che conseguono un titolo di scuola secondaria di secondo grado, ma senza aver raggiunto i traguardi minimi di competenze previsti per il loro percorso di studio.
Questi ragazzi non sono classificati come early leavers e, di conseguenza, molto difficilmente possono godere di azioni di supporto per aumentare il proprio livello di competenze. Costituiscono quindi quella quota di allievi che alimenta il preoccupante fenomeno della dispersione implicita o nascosta.
La dispersione implicita nei risultati INVALSI
Stabilire la quota di dispersi impliciti non è semplice, ma dal 2019 le Prove INVALSI possono dare una prima rappresentazione del fenomeno, fin dal suo insorgere nella scuola primaria.
Ciò perché i risultati delle rilevazioni nazionali permettono di determinare la preparazione raggiunta al termine della cosiddetta scuola superiore: pur nella loro parzialità, possono quantificare gli studenti che non raggiungono il livello di competenze minimo previsto.
Coloro che, anche ottenendo il diploma, non arrivano al livello 3 nelle prove di Italiano e Matematica e che non raggiungono nemmeno il livello B1 nella lettura e nell’ascolto in Inglese hanno livelli di competenze che corrispondono agli obiettivi formativi previsti per gli studenti di terza media, ovvero molto al di sotto di quelli che avrebbero dovuto raggiungere.
Sommando il numero di studenti dispersi espliciti ed impliciti è possibile stimare che la dispersione totale in Italia sia superiore al 20%, un problema che riguarda quindi un cittadino su cinque.
Riuscire a misurare il fenomeno complessivo della dispersione offre alla scuola e ai decisori politici informazioni essenziali per prefigurare interventi di assistenza agli studenti che vivono il loro percorso scolastico con difficoltà.
La prevenzione della dispersione scolastica
I dati INVALSI non colgono solo il dato finale sulla dispersione, ma permettono di diagnosticarla precocemente, così da rendere possibile un intervento di potenziamento durante l’iter formativo.
I fattori che contribuiscono a determinare la dispersione scolastica totale cominciano infatti a manifestarsi già nel ciclo primario, anche se sono piuttosto difficili da individuare e quantificare.
Le rilevazioni standardizzate sugli apprendimenti possono quindi fornire indicazioni molto importanti e favorire l’adozione di misure per la prevenzione della dispersione scolastica.
Un’azione tempestiva di aiuto, che interviene sul problema a partire dal suo esordio, può avere una maggiore probabilità di successo e portare nel giro di pochi anni a ridurre sensibilmente questo fenomeno nella scuola italiana.