Roberto Ricci, Presidente dell’INVALSI, ci propone una sua riflessione su come la gestione di un evento così imprevisto come la recente pandemia abbia contribuito a far rivedere idee consolidate e talvolta pregiudizievoli sulla Scuola, attivando un confronto più aperto e più costruttivo.
In un tempo così inedito per la società e per la Scuola in particolare, si avverte una tensione positiva ad affrontare le sfide, non solo quelle più recenti, ma anche quelle che vengono da lontano e che nella situazione presente si sono sicuramente acuite.
Per fare una sintesi di quanto accaduto nella Scuola da marzo 2020 ad oggi e mettere a frutto quanto abbiamo imparato dalla recente esperienza può essere utile partire da alcune convinzioni sulla didattica e sulla valutazione standardizzata che abbiamo sentito spesso ripetere, alimentando nuovi miti o facendone riaffiorare altri.
Soffermiamoci su alcuni.
La Didattica a Distanza, un modo per restare connessi
Inizierei dalla DaD. A questa modalità didattica ci si è spesso riferiti come a una sconfitta, termine che appare piuttosto ingeneroso verso i docenti che hanno utilizzato l’unico strumento possibile per continuare a fare scuola, in un momento in cui la sola alternativa sarebbe stata nessuna didattica.
Dare invece a tutti gli allievi l’opportunità di restare connessi con la Scuola ha significato – e significa in alcuni casi – garantire a ogni studente il conseguimento dei traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali/Linee guida e rendere così effettiva e agita l’inclusione.
L’importanza delle Prove
Ecco quindi che le Prove INVALSI si sono ancora una volta rivelate di cruciale importanza per capire in quali ambiti gli studenti hanno maggiore bisogno di aiuto e per sostenere la Scuola nel trovare le migliori soluzioni.
Non si tratta di valutazioni alternative a quelle dei docenti ma complementari a queste; la restituzione degli esiti delle Prove serve alle scuole per avere un elemento ulteriore di confronto da cui muovere per il miglioramento.
In questa prospettiva si spiega anche perché le Prove debbano essere censuarie, rivolte a tutte e a tutti. Se si intende promuovere il miglioramento del sistema scolastico servono dati per tutte le scuole e non solo per alcune.
Un’alleanza con le scuole
Per questo l’Istituto nel tempo ha stretto sempre più un’alleanza con le scuole, incontrando migliaia di docenti e dirigenti e, recentemente, ha avviato attività di supporto per offrire agli insegnanti una serie di strumenti di lavoro, ai quali accedere liberamente e adattabili alle esigenze delle scuole a partire dagli esiti delle Rilevazioni nazionali.
La collaborazione sempre più ampia tra le scuole e l’INVALSI è evidente anche nella partecipazione crescente a eventi come il convegno annuale I dati INVALSI: uno strumento per la didattica e la ricerca. In queste occasioni i docenti presentano esperienze didattiche a partire dagli esiti delle Prove standardizzate, fornendo all’Istituto stesso spunti e suggestioni utili all’attività di ricerca sulla valutazione.
Ci sarebbe da dire molto altro su quanto abbiamo imparato in questi due anni di pandemia e su quanto la gestione di un evento così imprevisto abbia contribuito a fa rivedere idee consolidate e talvolta pregiudizievoli sulla Scuola, attivando un confronto più aperto e più costruttivo.
Credo dunque che la maggiore forma di rispetto verso la Scuola, doverosa per una società che abbia a cuore il proprio futuro, passi proprio attraverso azioni di sostegno e collaborazione solidi e realizzabili.