Scendere a patti con la formazione lavorando in rete

Ci interroghiamo spesso su quale sia il futuro della scuola e la recente pandemia ci ha portati a porci qualche domanda nuova in merito. Tra le risposte che il sistema educativo e sociale ha saputo dare c’è la valorizzazione in chiave forse più consapevole di uno strumento pedagogico già noto: i patti educativi di comunità. Cosa possono darci in un futuro non più turbato dall’emergenza?

Abbiamo avuto occasione più volte di parlare dell’importanza del legame dei giovani con la comunità scolastica alla quale appartengono, nella quale si sperimentano come cittadini attivi e consapevoli e a partire dalla quale si proiettano verso il futuro.

La recente esperienza di isolamento dovuta alla pandemia – ormai fortunatamente alle spalle – ci ha dato occasione per riflettere una volta di più sulla funzione della scuola come spazio sociale, al quale si partecipa con quelle competenze fondamentali che in modo formale e non formale qui si apprendono.

A partire da queste constatazioni ci dobbiamo porre allora una domanda piuttosto impegnativa: come valorizzare il ruolo sociale delle giovani generazioni in un’ottica di breve e di lungo periodo?

L’eterogeneità come forza educativa

È indubbio che i giovani, il cui numero si è ridotto per effetto della denatalità, sono un patrimonio da proteggere e valorizzare nell’interesse dell’intero tessuto sociale.

Per rispondere a questa esigenza di tutela e promozione il contrasto alla povertà educativa e il potenziamento delle opportunità formative sono sicuramente due assi portanti, sui quali investire per sollecitare e sostenere la partecipazione dei giovani alla vita delle comunità cui appartengono, a scuola come sul territorio.

In questo impegno è proprio la scuola ad avere un ruolo insostituibile e unico. Nessuna istituzione infatti ha come questa la possibilità e la capacità di raggiungere l’intera popolazione giovanile, accogliendola tra le sue mura per l’intero arco evolutivo indipendentemente da ogni fattore socio ambientale (famiglia d’origine, condizione sociale ecc.), in una prospettiva inclusiva che sempre più ne connota l’identità.

Quanto la formazione, sia didattica sia sociale e civica, che si riceve a scuola incide sulla capacità individuale di coinvolgersi in attività di partecipazione sociale in rapporto al livello di istruzione è dimostrato del resto da dati piuttosto evidenti relativi a tre ambiti di impegno: ambiente e diritti, associazioni culturali e ricreative, volontariato.

Fonte: Elaborazione Openpolis – Con i bambini su dati Istat

Le ragioni del rapporto tra questi fattori e la centralità del sistema scolastico si comprendono facilmente se si considera come i bambini e i ragazzi nell’ecosistema scuola – tutt’altro che semplice! – siano chiamati a rapportarsi direttamente e indirettamente con figure diverse: i compagni, i docenti, i dirigenti scolastici, il personale scolastico, i genitori.

Inoltre si confrontano spesso anche con altre esperienze che intervengono in vari modi nella loro formazione: progetti specifici proposti dall’esterno, iniziative aperte al territorio, ecc.

Questa eterogeneità è sicuramente stimolante ma può porre un altro interrogativo: come rispondere alla complessità che ne può derivare garantendo continuità educativa e formativa ai nostri giovani?

I patti educativi come modello formativo

Una risposta efficace è nei patti educativi di comunità, il cui valore pedagogico è già noto e riconosciuto da molti anni ma che con la recente pandemia hanno avuto occasione di affermarsi una volta di più per la loro rilevanza educativa e sociale.

Pensare l’azione educativa e formativa come un patto intorno al quale si aggrega l’attenzione di soggetti diversi (scuole, famiglie, gruppi con diverse caratteristiche) ma tutti orientati a promuovere il benessere dei giovani significa agire su due piani ugualmente importanti:

  • costruire reti collaborative che fanno delle specifiche differenze un valore aggiunto e non un motivo di frammentazione
  • organizzare ambienti formativi in cui si acquisiscono conoscenze e competenze coinvolgendo i ragazzi attraverso un fare attivo al quale ciascuno può partecipare con il proprio stile di apprendimento

Rendere i ragazzi parte attiva di un’alleanza educativa vuol dire per loro avere la possibilità di acquisire una consapevolezza sempre maggiore del proprio processo di apprendimento.

Sul versante scuola dare vita a un patto implica sperimentare modelli pedagogici alternativi e metodologie d’azione differenti da quelli basati su schemi consolidati, per individuare strumenti teorici e operativi sempre meglio rispondenti ai bisogni formativi di giovani impegnati nel compito non sempre agevole di costruire il proprio percorso di vita.

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