Oltre le competenze cognitive. Le character skills

Quando si parla di scuola è impossibile non considerare come l’apprendimento che prende forma in questo ambiente si realizzi per il concorso di competenze diverse, non solo cognitive. Ma qual è la rilevanza degli altri repertori di competenze, che riuniamo sotto l’etichetta character skills, e qual è il loro valore per la vita individuale e collettiva?

Delle character skills sentiamo spesso parlare, anche chiamandole con nomi diversi, come ad esempio soft skills o live skills, legate all’intelligenza emotiva e alle abilità naturali che ciascuno di noi possiede. In altre parole, sono le abilità e le capacità che permettono a una persona di rispondere alle richieste e alle sfide che la quotidianità può porre mantenendo un comportamento e un atteggiamento versatile e positivo, due condizioni dalle quali dipende in buona misura l’efficacia delle risposte date.

È pertanto un patrimonio di competenze con il quale abbiamo una certa confidenza, ma forse proprio per questo a volte non entriamo nel merito del loro valore come patrimonio personale e sociale, la cui influenza nella formazione di ciascuno di noi, a scuola e fuori dalle sue mura, ha un peso innegabile.

Le character skills sono caratteristiche della personalità che riguardano la sfera emotiva e psico-sociale. Sono tratti che influenzano la capacità di orientarsi verso gli obiettivi scelti, la qualità delle relazioni e la capacità di prendere decisioni e far fronte alla realtà. Sono quindi parte integrante di un processo di apprendimento


Viaggio nelle character skills – Giorgio vittadini

Le competenze sociali ed emotive e il loro apprendimento sono un tema tutt’altro che nuovo, così come non è nuovo l’interrogativo su quale sia la funzione della scuola oggi e su quali competenze debba formare nei ragazzi che domani popoleranno il mondo del lavoro. La formazione della persona e della sua capacità di relazione con il mondo, infatti, costituisce da sempre il centro dell’educazione.

Il Rapporto New Vision Education, pubblicato nel 2015 dal World Economic Forum ha messo chiaramente in luce come una formazione completa non possa prescindere dal possesso di qualità personali come la comunicazione, la creatività, il pensiero critico, l’autoregolamentazione e la collaborazione. Si tratta di competenze che nel dibattito educativo attuale vengono considerate strategiche lungo l’arco di vita di una persona, sia per quanto riguarda gli apprendimenti sia per il mondo del lavoro nella vita adulta.  

Nella formazione delle non cognitive skills l’esperienza umana è considerata perciò ad ampio raggio, perché è attenta non solo alle esperienze finalizzate a formare conoscenze, ma anche a quei processi più qualitativi che definiscono la portata che la competenza stessa ha a livello individuale e sociale. Vi è inoltre un altro fattore, presente da tempo nella nostra vita ma che nella recente esperienza pandemica ha mostrato ancora di più la propria forza influente e cioè la possibilità che il digitale apre per afferire a molteplici fonti di informazioni, ampliando notevolmente i canali di apprendimento informale.

Il modello dei Big Five

Dire quali siano esattamente le character skills non è semplice, poiché non vi è un’unica tassonomia di riferimento. Le più recenti riflessioni all’interno dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) hanno fatto convergere il consenso su un modello che individua 5 dimensioni principali, i Big Five appunto, ciascuno articolato in due sottodimensioni:

  • Estroversione: dinamismo; dominanza
  • Amicalità: cooperatività – empatia; cordialità – atteggiamento amichevole
  • Coscienziosità: scrupolosità; perseveranza
  • Stabilità emotiva: controllo delle emozioni; controllo degli impulsi
  • Apertura mentale: apertura alla cultura; apertura all’esperienza

Sono fattori presenti in diverse popolazioni e trasversalmente a diverse età, i cui effetti positivi sono stati riscontrati in vari ambiti di vita, come la scuola e il lavoro, nei quali si rendono evidenti attraverso atteggiamenti positivi e propositivi.

Anche se tra i modelli messi a punto dai ricercatori vi sono delle differenze va tuttavia sottolineato il comune e unanime riconoscimento della rilevanza delle competenze non cognitive – definite spesso soft in contrapposizione alle competenze cognitive o hard – per lo sviluppo armonico di una persona e per il suo equilibrato inserimento nell’ambiente di vita.
In altre parole, per il bene individuale di ogni cittadino e per quello di un sistema Paese, sia nel presente sia in un’ottica di lungo periodo.

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