In classe con la Matematica della vita e la didattica digitale

Incontriamo Nicola Chiriano, insegnante di Matematica e Fisica a Catanzaro. Nella sua scuola la lente d’ingrandimento sui dati è stata un punto di partenza per migliorare la comunicazione tra i docenti, condividere informazioni e adottare nuovi strumenti digitali per la progettazione didattica collegiale.

Intervista a Nicola Chiriano del Liceo L. Siciliani di Catanzaro

Nicola Chiriano insegna nel Liceo L. Siciliani di Catanzaro. Siamo in Calabria, una terra difficile, spesso citata come fanalino di coda per indici socio-economici e culturali. 

Le Prove nazionali INVALSI 2019 hanno restituito per questa regione risultati nettamente inferiori alle medie nazionali. È una povertà educativa raccontata dalle cifre dell’abbandono scolastico e dai numeri sulla dispersione implicita

Eppure, i dati non possono dirci tutto. 

La restituzione dei risultati INVALSI è un punto di partenza e i dati sono uno strumento per individuare eventuali problematiche esistenti e punti di forza. Diventano anche informazioni utili per riflessioni interne condotte in autonomia dalle scuole

Per questo incontriamo Nicola, allo stesso tempo protagonista e testimone di un lavoro sul campo portato avanti giorno dopo giorno. 

È uno dei tanti preziosi insegnanti e dirigenti scolastici che hanno saputo far fiorire buone pratiche anche in contesti geografici difficili

Nelle Prove standardizzate di Italiano e di Matematica, l’Istituto L. Siciliani di Catanzaro non solo ha raggiunto risultati al di sopra della media regionale del Sud e delle Isole, ma in linea con la media nazionale.

Un bel risultato professore! Come sono riusciti gli studenti del Liceo Siciliani ad ottenere questi risultati?

Sono convinto che se i ragazzi stanno bene, se sono messi davanti alle Prove in maniera serena e senza pressioni, si ottengono risultati migliori.

Ciò che abbiamo fatto, quindi, è semplicemente rendere tranquilli i nostri studenti in una situazione di raccolta oggettiva dei dati. Abbiamo annullato completamente il cosiddetto Teacher Cheating, evitiamo cioè di parlare ai ragazzi durante la Prova. 

Questa semplice buona pratica ci ha permesso di annullare il cheating e contestualmente alzare il livello. 

Ci sono particolari attività didattiche o laboratori che proponete ai vostri studenti per contribuire all’acquisizione e al miglioramento delle competenze?

I risultati che INVALSI ci restituisce ogni anno ci danno il polso della situazione, una conferma se stiamo facendo bene.

Per le tre aree – Matematica, Italiano e Inglese – offriamo agli studenti moltissime attività extracurriculari che, ci tengo a sottolineare, NON sono di allenamento alle Prove INVALSI, perché farlo non servirebbe a nulla.
Queste attività, però, impattano sui risultati INVALSI.

Faccio un esempio. 

Le colleghe di Inglese si possono considerare pioniere nell’attività didattica. Hanno infatti introdotto da tempo la conversazione in lingua nelle loro lezioni e i nostri ragazzi in quarta e quinta superiore hanno già la certificazione B2 e qualcuno la C1. 

E questo si è rispecchiato nei risultati restituiti nelle Prove INVALSI di Inglese del grado 13 dell’anno scorso. 

E per la Matematica, materia che ti riguarda da vicino?

Per quanto riguarda la Matematica, partecipiamo ad esempio a Matematica e Realtà, un progetto innovativo con l’Università di Perugia che promuove l’interazione tra il mondo matematico e ciò che ci circonda. 

In pratica, dal primo al quinto superiore, in alcune ore di laboratorio, studiamo come guardare alla Matematica dal punto di vista dei modelli – lineari, periodici, esponenziali – e applicarli alla realtà.
Ad esempio, abbiamo di recente analizzato l’evoluzione della diffusione del coronavirus.

E anche per l’Italiano non mancano tante altre attività. Ma è soprattutto la collegialità a dare risultati.

Se i docenti lavorano in maniera collaborativa, per perseguire risultati che non sono della singola classe ma dell’intera scuola, il miglioramento poi si vede. Ed è visibile anche nell’innalzamento dei livelli dei ragazzi.

Nel Liceo in cui insegni è stata avviata una riflessione sui risultati restituiti dalle Prove INVALSI. Puoi raccontarci che tipo di analisi avete condotto?

Le azioni sono state tante. È stato quasi un divertimento raccogliere e analizzare tutte le informazioni che avevamo a disposizione: 

  • gli esiti delle Prove INVALSI, cioè i livelli delle competenze;
  • gli esiti degli scrutini, cioè i voti;
  • nel caso della quinta, gli esiti dell’esame di Stato, il voto della maturità;
  • le Prove parallele in prima e terza superiore.

Sappiamo benissimo che non sono misure paragonabili, perché rappresentano aspetti diversi. Ma abbiamo voluto individuare delle evidenze.

Quale obiettivo vi siete dati?

Con questa azione di monitoraggio dei dati, che sono a disposizione nella scuola, ci è stato possibile vedere meglio se i nostri interventi fossero omogenei in tutte le classi.

Torno su un concetto già espresso. 

Se come docenti agiamo collegialmente, nel rispetto delle specificità umane e di contesto all’interno delle classi, significa che stiamo lavorando assieme per rendere più omogenea l’offerta formativa.

Facciamo in modo cioè che tutti possano accedere alla migliore scuola possibile.  

Tutto questo dovrebbe essere verificabile e misurabile ed è quello che abbiamo provato a fare, curando aspetti quantitativi e qualitativi.

Anche se gli strumenti di analisi che abbiamo non sono ancora robusti, siamo riusciti a identificare delle difficoltà e ne abbiamo cercato le cause.
Allo stesso modo, abbiamo messo in evidenza le buone pratiche didattiche con l’intenzione di trasferirle in maniera collaborativa e collegiale su tutti i docenti, senza imposizioni.

In che modo queste analisi sono state concretamente utili per la scuola?

Il nostro obiettivo non è il miglioramento dei livelli INVALSI, che come abbiamo detto sono già alti e superiori alle medie regionali.

Ciò che abbiamo osservato è invece un’alta varianza tra i risultati delle classi, una disomogeneità su cui intervenire.

Parlo della Matematica, dal momento che è il mio campo e da quest’anno sono anche responsabile del Dipartimento di Matematica.

Abbiamo ad esempio notato delle differenze nella cronologia degli argomenti trattati in classe. Chiaramente fa parte della libertà dell’insegnamento ma ci ha spiegato alcune disomogeneità.

Discutendone, ci siamo resi conto che procedere insieme, parallelamente, confrontandoci e monitorando i nostri pur diversi percorsi, ci permette di essere più efficaci nell’azione didattica in tutte le classi.

Con questo lavoro collegiale, assieme riusciamo a individuare eventuali problemi e assieme riusciamo a porvi rimedio.

Anche la differenziazione tra gli ambiti, che INVALSI ci offre nel quadro di riferimento utilizzato per la costruzione delle Prove di Matematica – Numeri, Spazio e figure, Dati e previsioni, Relazioni e funzioni – ci ha dato degli strumenti aggiuntivi.

Così siamo più operativi nell’interpretare i risultati ottenuti dai ragazzi e anche nell’espandere la didattica oltre ciò che tradizionalmente si affronta al liceo, come l’algebra.

Ci puoi fare altri esempi concreti di come l’osservazione dei dati vi sia stata di supporto?

In due classi ci siamo accorti che non si era operato bene durante le Prove parallele. 

Infatti, entrambe le classi si discostavano dalla media dei risultati della scuola.

In una classe la media era altissima e in un’altra bassissima, perché probabilmente i ragazzi avevano copiato o si erano comportati in maniera non conforme alle regole. 

Da questo, siamo arrivati a chiederci se queste stesse problematiche si potessero evidenziare anche nel caso dei compiti in classe. 

Stiamo prendendo consapevolezza del fatto che se c’è difformità nel somministrare le Prove, non possiamo avere risultati confrontabili. 

Sei tra i sostenitori dell’uso delle tecnologie applicate alla didattica. In particolare, nel tuo Liceo utilizzate la Google Suite for Education. Ci puoi dire come è utile per il vostro lavoro di insegnanti?

La Google Suite in questi giorni è diventata un trending topic. La didattica a distanza, a causa dell’emergenza sanitaria, è al momento una una priorità che stiamo vivendo come docenti.

Ma al Liceo Siciliani, abbiamo implementato la Google Suite già da diversi anni, siamo al quarto anno di sperimentazione

L’uso di questo tipo di tecnologia, che è allo stesso tempo comunicativa e collaborativa, ci permette di lavorare su un unico documento in maniera asincrona.
È in questo modo, ad esempio, che facciamo la programmazione disciplinare del dipartimento.

Un altro aspetto in cui interviene l’utilizzo di strumenti tecnologici è quello relativo alla raccolta dati.

Abbiamo infatti prodotto con Google anche la redazione delle Prove parallele. 

Le colleghe di Italiano hanno voluto la somministrazione in CBT, cioè in modalità computer based. A questo scopo è stato utile l’utilizzo dei moduli Google costruiti sulla base delle Prove dell’archivio INVALSI.

I ragazzi hanno inserito le loro risposte, anche quelle aperte, direttamente sul modulo Google, facilitandoci nella raccolta dei dati.

Google Suite ci è utile innanzitutto per comunicare tra colleghi: mentre usiamo i documenti per scrivere in maniera collaborativa, ci confrontiamo anche su Hangouts.
Inoltre, raccogliamo i dati delle Prove parallele su Google Fogli e realizziamo anche i grafici per evidenziare i risultati.
Tutto questo rende le informazioni tra i dipartimenti più fruibili e ci dà modo di socializzare in maniera più efficace con gli esiti e le sperimentazioni nelle pratiche didattiche.

La condivisione dei dati avviene anche con i ragazzi?

Sì, ai ragazzi non mostriamo i risultati della classe, ma si agisce soprattutto dove si sono evidenziate problematiche andando a fare una revisione guidata delle Prove. 

Perché l’obiettivo è sempre rendere utili dal punto di vista didattico qualunque raccolta di dati e analisi, come anche qualunque tecnologia.

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