In questo appuntamento con l’Editoriale di INVALSIopen ospitiamo le riflessioni di Renata Maria Viganò, Professore Ordinario di Pedagogia Sperimentale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Vice Presidente del CdA di INVALSI. Nella chiacchierata con Savina Cellamare emergono riflessioni sulla situazione attuale della Scuola e considerazioni sul ruolo della valutazione nei processi di apprendimento e nelle relazioni tra Scuola, società e benessere individuale.
La scuola come sistema formativo che valuta e si valuta manifesta ancora delle resistenze verso la valutazione nazionale. La comunicazione può favorire una maggiore e migliore alleanza tra l’INVALSI e la Scuola?
Oggi INVALSI rappresenta un potenziale non sempre adeguatamente avvalorato dalle Scuole e dal Paese.
Il Consiglio di Amministrazione sta riflettendo su alcuni possibili passi orientati a potenziare anche la comunicazione e a migliorare la percezione dell’istituto all’esterno, con la consapevolezza che si tratti di materia complessa e delicata, per mettere in dialogo tutte le diverse posizioni coinvolte: scientifiche sicuramente, ma anche culturali e sociali.
INVALSIopen, in questo scenario, rappresenta un canale informativo aperto e significativo tra l’Istituto e l’esterno – inteso come scuole, genitori, docenti – e mi piacerebbe che venisse ulteriormente valorizzato. È infatti uno strumento che, con linguaggio chiaro e accessibile, dà visione dell’ampio lavoro di ricerca e di servizio che l’Istituto mette nell’adempiere al proprio mandato. È qualcosa che si dovrebbe vedere sempre di più all’esterno.
Qual è il ruolo della valutazione nella Scuola di oggi?
Il tema della valutazione scolastica è uno di quelli su cui ci sono tante sensibilità e pre-rappresentazioni, tanti approcci culturali diversi che non rendono semplice trovare un punto d’accordo. Per arrivarci il cammino è lungo e richiede un lavoro costante.
Sicuramente la lingua italiana non aiuta in questo senso, perché mentre in Inglese la differenza tra assessment e evaluation è chiara, nella nostra lingua si impiega un unico termine per entrambi i concetti e questo può essere disorientante quando si parla a soggetti diversi.
Inoltre, fino a diversi anni fa e per molto tempo, il tema della valutazione è stato strettamente legato al voto. Oggi la valutazione è diventata un tema che riguarda molti aspetti e tutte le componenti dell’universo-Scuola nelle sue diverse articolazioni, ma questo implica che debba esserci anche una crescita e una diffusione della cultura valutativa.
Quale valore aggiunto si può ottenere da una cultura della valutazione (che, seppur con fatica, si è affermata a Scuola) nel momento in cui si riesca a rinnovarla con vigore attraverso un rapporto di circolarità virtuosa tra la ricerca e il lavoro quotidiano nelle aule?
La scuola non è, né può essere, una scatola chiusa. L’aula e il sistema scolastico vivono all’interno di una società in continua trasformazione. Se vuole restare motivata e capace di evolversi e interpretare i cambiamenti, la Scuola non può fare a meno della valutazione nella sua accezione più alta. Una valutazione quindi che, in sé, è formativa, anche nel suo esercizio di controllo.
Non esiste la possibilità di cambiare e migliorarsi in maniera intelligente se non ci si misura quello che si fa, se non ci si autovaluta attraverso strumenti e metodi di valutazione partecipata. Solo così la Scuola può rispondere meglio alle esigenze della società e del Paese.
Quali sono gli strumenti che possiamo utilizzare per aumentare la consapevolezza sull’importanza della valutazione oggi?
È prioritario aumentare lo scambio e il dialogo tra le diverse posizioni coinvolte, istituzionali, scientifiche, produttive, culturali e sociali. La strada da fare è ancora lunga, basti pensare che una formazione degli insegnanti alla docimologia ha avuto un ingresso tutto sommato recente nel nostro Paese ed è lontana dal raggiungerli tutti in maniera sistematica.
Sicuramente ci sono tanti fronti su cui lavorare, non solo attraverso i canali di formazione tradizionali ma anche con il confronto, con la ricerca partecipata e con modalità formative attive e situate nei contesti professionali.
Che cosa ha insegnato alla Scuola il periodo di pandemia?
La pandemia da Covid-19 ha rappresentato un dramma che ha sicuramente avuto conseguenze tragiche, ma ha rimesso la Scuola sotto gli occhi di tutti e ci ha ricordato cosa succede quando non si considera che nello sviluppo di un minore l’esperienza scolastica non si esaurisce nell’apprendimento di contenuti disciplinari ma è un’occasione irripetibile e insostituibile di crescita personale.
Penso che questa sia una lezione importante di cui anche chi si occupa di valutazione debba far tesoro, cogliendo gli elementi migliorativi, i punti di forza.