Ripensare il rapporto tra scuola e famiglia

La collaborazione tra famiglie e scuola è un elemento cruciale nel favorire il successo degli allievi, sia sul versante degli apprendimenti sia sulla loro formazione globale. Per questo appare opportuno soffermarsi sulle ragioni che possono favorire oppure ostacolare un dialogo costruttivo tra queste due agenzie educative fondamentali.

L’idea che la cooperazione tra famiglie e scuola abbia grande rilievo nel favorire il successo degli alunni, sia sul versante degli apprendimenti sia sulla loro formazione globale, è sicuramente presente nella sensibilità socioeducativa sia dei genitori sia degli insegnanti.

Non si può però negare che i rapporti tra loro non siano sempre improntati alla collaborazione. Pur senza arrivare alle situazioni limite che le notizie di cronaca in alcuni casi presentano, si deve constatare che una cultura educativa della quale il dialogo costruttivo tra scuola e famiglia sia parte integrante è ancora un traguardo al quale tendere.

Possibili ostacoli

I motivi che possono rendere più lento il cambiamento in senso positivo sono sicuramente diversi e molteplici, ma tra questi un posto importante lo occupano senza dubbio le rappresentazioni reciproche tra scuola e famiglia.

Sono modi di vedere l’altro che derivano spesso da consolidate convinzioni di senso comune; queste però non sono sempre coerenti con la realtà presente. La costruzione di un’alleanza educativa forte, per esempio, deve tenere conto delle trasformazioni intervenute negli anni nel sistema familiare, nella scuola e nel ruolo dell’insegnante.

La scuola ha conosciuto negli ultimi anni cambiamenti profondi e molteplici, che hanno ripercussioni sui modi con i quali l’istituzione si relaziona con le famiglie.

Il ripensamento del sistema scolastico come ambiente in cui si formano le competenze fondamentali per formare cittadini attivi ha investito non solo il piano didattico, ma lo stesso ruolo dell’insegnante, visto sempre più come un professionista le cui competenze non si limitano a un dato ambito disciplinare o al livello di scolarità in cui opera.

Per rispondere alla complessità della realtà scolastica attuale l’insegnante ha bisogno, oltre che di una formazione e di un aggiornamento costanti, di una fattiva collaborazione sia con i colleghi sia con le altre risorse, intere ed esterne alla scuola stessa, come appunto la famiglia.

La varietà dei problemi e dei bisogni di cui sono portatori molti allievi, che spinge a interrogarsi e ad agire per promuovere l’inclusione, sollecita domande spesso urgenti, alle quali non è facile dare risposte da soli. Si tratta infatti di interrogativi che per la loro rilevanza coinvolgono tutta la comunità educante, cioè tutti coloro che partecipano al processo di crescita personale e sociale di una persona giovane.

Cosa valorizzare e perché

Certamente esistono delle condizioni senza le quali la prospettiva di creare un sistema educativo capace di agire in sinergia non è realizzabile.

Tra queste vi è senz’altro la disponibilità – interna ed esterna alla scuola – a lavorare in rete, costruendo rapporti solidi che rimangano stabili nel tempo. Ciò rende probabilmente opportuno per la scuola sviluppare una riflessione puntuale sulle sue modalità di rapporto con le famiglie degli allievi.

Un primo aspetto da considerare è il modo di rappresentarsi la famiglia e i genitori, partner che possono dare un contributo rilevante al processo formativo dei giovani. È noto – e quasi banale rimarcare – che un rapporto impostato sulla reciproca sopportazione, anche quando celata da cortesia, non costituisce un buon modello di relazione sociale da offrire ai giovani, soprattutto se è dato dalle due agenzie educative principali nell’età evolutiva. Il rischio è quindi di dare vita a un circolo vizioso, che porta alla chiusura di una comunicazione propositiva nella paziente attesa reciproca che il tempo da trascorrere insieme passi.

La scuola che vede nel genitore un partner ne sollecita la partecipazione all’elaborazione del progetto educativo generale e nelle decisioni riguardanti il figlio, sulla base della convinzione che lui, più di ogni altro, è in grado di conoscerne le difficoltà e i bisogni. Si tratta quindi di una relazione attiva, che considera la famiglia come risorsa, pur nel rispetto dei compiti definiti dagli specifici ruoli.

La partecipazione, infatti, non può comportare in alcun caso un’interferenza sulle scelte didattiche, che restano comunque di esclusiva competenza degli insegnanti. È per questo molto importante prevedere progetti di formazione in servizio per gli insegnanti che li aiutino ad acquisire una reale capacità di ascolto attivo, ma anche gli strumenti per gestire la comunicazione con i genitori secondo regole esplicite, le stesse che poi dovrebbero governare la relazione con i colleghi.

L’ascolto attivo sollecita una sospensione del giudizio e induce l’altro a esprimersi; si struttura così una relazione democratica, dove il timore è sostituito dalla libertà di parlare nel piacere di collaborare e occupare un posto appropriato all’interno dell’ambito scolastico. Porsi in una situazione d’ascolto è un cammino che deve essere scoperto e appreso sia dalla scuola sia delle famiglie.

L’importanza di un lavoro educativo-formativo sinergico tra scuola e famiglia – come anche con altri servizi – diviene particolarmente evidente nel caso di bisogni speciali, dettati da ragioni anche molto diverse tra loro.

L’inclusione nel sistema scolastico e sociale di tutti i bambini e i ragazzi non può prescindere dal rapporto con i genitori. Benché in molti casi la tessitura di una rete possa risultare difficile occorre che vi sia una consapevolezza morale, sociale e politica del fatto che senza dialogo con la famiglia la scuola andrebbe incontro a un impoverimento dell’educazione, con ripercussioni importanti sull’intera società per il rischio tutt’altro che infondato di lasciare spazio a nuove disuguaglianze.

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