La lotta alle disuguaglianze educative e ai divari di competenze tra studenti del Nord e studenti del Sud ha un alleato: le buone pratiche che già esistono nella scuola.
Siamo tutti uguali.
È la Costituzione a affermare questo principio di uguaglianza valido anche a scuola. Formalmente, non c’è dubbio che gli studenti e le studentesse abbiano gli stessi diritti.
Ma le competenze da acquisire durante gli studi sono realmente alla portata di tutti?
I ragazzi ricevono la stessa formazione indipendentemente dal luogo in cui nascono e studiano?
Il metro di misura sono le Indicazioni nazionali e le Linee guida del Ministero dell’Istruzione, che ci indicano i livelli formativi minimi da raggiungere a scuola per garantire a tutti le competenze necessarie per affrontare le sfide e i cambiamenti della vita.
Il divario delle competenze tra Nord e Sud
Per verificare se esistono divari educativi a livello geografico, possiamo far riferimento agli esiti delle analisi statistiche per macro aree o per regione, alle quali i risultati delle Prove INVALSI sono stati sottoposti.
Dal Rapporto INVALSI 2019 non solo emerge che al Sud e nelle Isole i risultati sono più bassi, ma la separazione territoriale tra Nord e Sud nasce e si aggrava con l’avanzare degli allievi nel percorso di studi. Lo dimostra un confronto fra risultati in seconda e quinta primaria.
Nelle rilevazioni relative al grado 2, in tutte le regioni del Mezzogiorno il punteggio raggiunto dagli alunni è in media con il resto d’Italia. Ma arrivati al grado 5, la distanza tra Nord e Sud è un fatto evidente ed è rappresentata dai colori diversi sulla mappa dell’Italia.
La dispersione scolastica
Inoltre, nella macro area Sud e Isole il traguardo della licenza media non sempre corrisponde al raggiungimento degli obiettivi formativi minimi previsti dalle Indicazioni nazionali.
Senza interventi appropriati, molti di questi allievi potrebbero non recuperare il gap di competenze ed entrare così nel circuito della dispersione implicita.
Potrebbero cioè ottenere il diploma superiore, ma senza aver acquisito le competenze minime che serviranno loro nella vita per affermare la propria identità e la propria autonomia.
Scomponendo il dato sui risultati di ascolto e lettura per l’Inglese, oltre il 60% dei ragazzi risulta al di sotto del livello nel listening e oltre il 30% nel reading. La distanza è rilevante rispetto al livello nazionale, dove la media degli studenti sotto il B1 in Inglese si ferma a circa il 30%: il 22,4% nella lettura e il 40,1% nell’ascolto.
Questo fenomeno si somma alla dispersione scolastica esplicita, l’abbandono scolastico vero e proprio.
Confrontando dati nazionali del 2014 e dati del 2019 è emerso che, dei 515.000 ragazzi che nel 2014 hanno sostenuto l’esame in terza media, ne ritroviamo solo circa 350.000 circa in quinta superiore cinque anni dopo.
La variabilità tra scuole e tra classi
Il Sud e le Isole pagano anche una maggiore variabilità tra scuole e tra classi. In cosa si traduce questo?
Che i livelli delle competenze sono molto più polarizzati: i risultati migliori/peggiori si concentrano cioè in una scuola piuttosto che in un’altra o in una classe in particolare.
Le buone pratiche del Mezzogiorno: un pilastro nella lotta contro la povertà educativa
I dati assoluti non sono sufficienti a darci il quadro completo dei divari territoriali.
Ci viene in aiuto il cosiddetto effetto scuola, cioè il contributo che i singoli istituti scolastici danno al cambiamento del livello di competenze iniziale dei loro allievi indipendentemente dalle caratteristiche del contesto geografico in cui operano.
Inoltre, una buona pratica educativa può essere un potenziale traino per altri istituti in difficoltà e innescare una trasformazione più ampia del contesto nella stessa area geografica, ad esempio moltiplicando le occasioni e le opportunità di farne conoscere i risultati e le modalità di lavoro.
Questo principio è stato sottolineato di recente nel documento finale del Forum dell’Educazione, che si è tenuto a Camogli l’1 e 2 febbraio 2020. Tra i passi da compiere, suggeriti per la lotta contro la povertà educativa, un ruolo di primo piano viene affidato al riconoscimento e alla valorizzazione delle prassi educative esistenti e al supporto concreto a queste buone pratiche con adeguate strategie politiche.
Il Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione
Sullo stesso sentiero si inserisce anche il Piano di Intervento del Ministero dell’Istruzione per ridurre i divari territoriali in Campania, Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia. Le buone pratiche, anche secondo il Ministero, possono giocare un ruolo di primo piano.
Per questo, grazie a un’analisi elaborata in collaborazione con INVALSI sulle base dei risultati delle Prove nazionali e di altri indicatori, si è partiti con l’individuazione di due gruppi di istituti: le Scuole in difficoltà e le Scuole in forte difficoltà, che presentano cioè problematiche evidenti già al grado 8.
Una delle azioni proposte è associare a queste scuole altre scuole omologhe, ma non in difficoltà, possibilmente nelle stesse aree geografiche, per contribuire a creare una rete di valore e facilitare la trasmissione delle competenze.
L’obiettivo è tra i più alti: la piena realizzazione del diritto di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, che nella scuola si concretizza in un diritto a ricevere le stesse opportunità educative per tutti i ragazzi e le ragazze, indipendentemente dal luogo di nascita.
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