L’Educazione finanziaria nelle scuole. Una nuova opportunità

Con l’anno scolastico 2024/2025 ormai alle porte la nostra scuola affronta una sfida importante: l’introduzione dell’insegnamento dell’Educazione finanziaria nel primo e nel secondo ciclo di istruzione. L’obiettivo è educare futuri cittadini informati e consapevoli sui temi finanziari, assicurativi e previdenziali, capaci di avere un rapporto corretto con il denaro e di fare scelte responsabili. Vediamo le ragioni di questa scelta e con quali metodologie attuarla.

I giovani si trovano oggi a dover fronteggiare situazioni e scelte finanziarie più impegnative di quelle vissute alla stessa età dai loro genitori. Dare ai ragazzi un’adeguata educazione in questo settore significa perciò dotarli di una chiave di lettura della realtà sempre più necessaria per il loro presente e per il loro futuro.

L’insegnamento dell’Educazione finanziaria rientrerà nelle ore di Educazione civica, materia che per il suo carattere trasversale e interdisciplinare coinvolgerà tutto il corpo docente nella costruzione di proposte formative su finanza, risparmio e investimento.

Sono percorsi che si svilupperanno con gradualità nel corso dell’iter scolastico, dalla scuola primaria alla scuola secondaria di secondo grado.

In PISA si sottolinea infatti che la literacy

si riferisce non solo alla capacità degli studenti quindicenni di applicare le conoscenze e le competenze nelle principali aree disciplinari, ma anche alla loro capacità di analisi, di ragionamento e di comunicazione efficace mentre formulano, risolvono e interpretano problemi in una varietà di situazioni.

La scuola in prima linea

Il ruolo cruciale della scuola nel formare giovani cittadini capaci di partecipare pienamente alla vita economica del Paese è ben noto.

Le raccomandazioni dell’OCSE (2005) e le esperienze internazionali mostrano come la scuola costituisca un canale privilegiato per veicolare iniziative, conoscenze e competenze di educazione finanziaria e rivesta un ruolo fondamentale perché, da un lato, consente di raggiungere una vasta fascia della popolazione, con riferimento a tutti i ceti sociali; dall’altro, agevola il processo di familiarizzazione dei consumatori di domani con i temi finanziari, prima che giunga il momento della vita in cui vengono effettuate scelte che incidono sul benessere economico.

Banca d’Italia

Le indagini OCSE PISA in tema di educazione finanziaria, alle quali il nostro Paese ha sempre partecipato, hanno evidenziato nei nostri studenti un livello di competenze medio basso in questo ambito.

Le ragioni che possono spiegare questo andamento e che, allo stesso tempo, segnalano il ruolo che la scuola può svolgere per un miglioramento della situazione attuale possono essere sintetizzate in alcune componenti. Vediamo quali sono.

Gli ostacoli alla literacy finanziaria

La prima di queste componenti è culturale: nelle famiglie italiane si parla poco di denaro, soprattutto dove reddito e livello di istruzione sono meno elevati. Il ruolo della scuola è quindi particolarmente importante poiché

i divari di competenze finanziarie tendono a riprodurre le differenze socioeconomiche del Paese. Parlarne a scuola non solo supererebbe i divari socioeconomici ma produrrebbe un effetto catalizzatore verso un aumento delle competenze dei genitori, come dimostrato nell’esperienza in diversi Paesi.

La seconda componente è il livello delle competenze matematiche, che spiega quasi l’80% delle differenze tra livelli di competenze finanziarie. Un peso significativo però lo ha anche

lo stile di insegnamento: in Italia sono meno diffuse strategie di insegnamento della Matematica basate sulla cosiddetta attivazione cognitiva, che pone maggiore enfasi sulla fertilizzazione incrociata con altre materie nella ricerca di soluzioni, sulla discussione relativa agli errori, sull’approccio sfidante che chiede allo studente di usare le competenze per risolvere problemi reali. Queste strategie di insegnamento assicurerebbero un maggiore trasferimento delle competenze matematiche su quelle finanziarie.

L’ultima componente è la continuità, con l’inserimento dell’Educazione finanziaria tra le materie curriculari. Laddove questo è avvenuto gli studenti hanno potuto acquisire contenuti finanziari e sviluppare le relative competenze mantenendole e accrescendole nel tempo.

Le scelte metodologiche

Ma come promuovere nei ragazzi la progressiva e stabile acquisizione di un repertorio personale di conoscenze, abilità e competenze finanziarie adeguate?

Una risposta efficace a questa domanda è sicuramente data dall’utilizzo delle metodologie attive, la cui flessibilità favorisce quella gradualità di applicazione che la trasversalità dell’educazione finanziaria richiede.

La modalità laboratoriale, infatti, permette di far interagire gli allievi con i contenuti finanziari seguendo percorsi dinamici già a partire dalle prime classi della scuola primaria e di procedere poi lungo l’iter formativo aumentando i livelli di profondità e di complessità delle richieste.

Prendiamo come esempio di questo tipo di metodologia la simulazione in laboratorio, ben diversa dal semplice fare finta che. La situazione è certamente artificiale ma l’esperienza che sollecita è reale, riprodotta in modo fedele. Questo fa sì che i ragazzi possano e debbano analizzare delle situazioni, fare delle scelte e confrontarsi con i risultati delle proprie azioni, tenere sotto controllo gli effetti delle decisioni e modificare le scelte in base ai risultati.

È facile intuire come un simile approccio metodologico abbia un carattere olistico e coinvolga tante e diverse dimensioni dell’apprendimento, comprese quelle affettive, relazionali e motivazionali. Toccare con mano una realtà, come avviene anche nel gioco di ruolo, è per gli allievi di tutti i livelli scolastici occasione di confronto e di scambio, di sperimentarsi capaci, di avere la possibilità di modificare ciò che si è fatto in vista del raggiungimento di un obiettivo, di sentirsi efficaci e perciò motivati a investire in quel confronto le proprie energie.

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