Dopo aver presentato le indagini sugli insegnanti e sui dirigenti scolastici rispetto alla Didattica a Distanza (DaD), vi presentiamo i risultati dello studio condotto nel periodo di maggio-giugno 2020 dal Dipartimento di Scienze Umane Riccardo Massa dell’Università di Milano-Bicocca, che ha dato voce a uno dei principali gruppi di stakeholder della Scuola: i genitori.
A quasi un anno dall’inizio della pandemia la Scuola non è ancora tornata a una situazione di normalità.
Tra chiusure regionali e riprese a intermittenza, sono ancora molti gli studenti che non hanno fatto il loro rientro a scuola e che seguono le lezioni attraverso la modalità di didattica a distanza.
Secondo l’ultimo DPCM del 14 gennaio 2021, valido fino al 5 marzo 2021, le scuole secondarie di secondo grado adottano infatti forme flessibili di didattica per garantire l’attività in presenza ad almeno il 50% degli studenti e fino a un massimo del 75% sul totale.
Per le scuole primarie e secondarie di primo grado invece la didattica è tornata a svolgersi in presenza al 100%, ma questa condizione può variare a seconda delle ordinanze regionali.
Anche se la DaD ha permesso di mantenere le relazioni educative e di garantire agli studenti di continuare il loro percorso di studio in un momento di chiusura totale, le testimonianze di diversi stakeholder della Scuola, raccolte attraverso ricerche esplorative, riportano le numerose difficoltà nella gestione e applicazione della DaD.
Dopo aver visto i principali risultati dell’indagine condotta dall’INDIRE sugli insegnanti e quella del CENSIS sui dirigenti scolastici, vi presentiamo i risultati dello studio condotto dal Dipartimento di Scienze Umane Riccardo Massa dell’Università di Milano-Bicocca, che ha voluto dare voce ai genitori, un gruppo di stakeholder della Scuola investito dagli effetti della DaD.
L’indagine
Per rilevare il punto di vista dei genitori rispetto alla DaD, l’Università di Milano-Bicocca ha realizzato un questionario online per approfondire il pensiero delle mamme e dei papà con figli che frequentano la scuola primaria e secondaria. I dati sono stati raccolti nel periodo di maggio-giugno 2020 attraverso il metodo di rilevazione CAWI – Computer Assisted Web Interview e il campionamento è di tipo non probabilistico.
Come si struttura il questionario online
Lo strumento messo a punto dai ricercatori ha indagato l’esperienza dei genitori sulla DaD rispetto a cinque dimensioni:
- i tempi, gli spazi e le metodologie didattiche
- la partecipazione alle attività didattiche e le relazioni a distanza
- le emozioni prevalenti provate e i comportamenti osservati nei figli
- i punti di forza e di debolezza delle modalità didattiche in remoto
- priorità, desideri e timori sulla ripresa della scuola dopo l’estate
Le più interessate all’indagine sono le mamme
Alla rilevazione hanno partecipato 6905 genitori di circa 10.000 bambini e ragazzi provenienti quasi tutti dalla scuola pubblica.
Il 94% del totale dei rispondenti sono state mamme, la loro età media è di 42 anni e circa l’80% ha conseguito un diploma di scuola superiore o una laurea.
Queste madri hanno un numero di figli in linea con la media nazionale (1.4) e nei 9802 figli sono rappresentati tutti gli ordini di scuola dalla primaria alla secondaria di II grado; prevale tuttavia la scuola primaria con quasi 7000 bambini.
La maggior parte delle risposte proviene da mamme del Nord-Ovest (70%), in numero ridotto dal Centro e dal Sud (rispettivamente il 20% e 10%). Le regioni con più partecipanti sono state la Lombardia e l’Emilia-Romagna mentre non si ha alcuna informazione per la Valle d’Aosta, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, la Calabria e le province autonome di Trento e Bolzano.
Rispetto al lavoro,
circa il 67% dichiara di aver continuato a lavorare durante il lockdown ma più della metà è dovuta passare alla modalità smarworking, rendendo l’esperienza con la DaD più complicata. Il 49% dei genitori intervistati sostiene infatti di aver fatto fatica a conciliare lavoro e aiuto ai figli nello studio
e che le ore dedicate alle attività scolastiche hanno rappresentato un vero e proprio lavoro part-time (almeno 3/4 ore al giorno sono state assorbite dal supporto allo studio).
Più Ore di DaD alle superiori
Come era prevedibile e come è stato confermato anche da altre indagini, gli studenti della scuola superiore hanno ricevuto più ore di DaD a settimana rispetto ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado e ai bambini della scuola primaria. Se nella scuola secondaria di secondo grado il coinvolgimento dei ragazzi è stato di circa 18 ore a settimana di DaD, nella secondaria di primo grado è sceso a circa 15 ore per arrivare alla scuola primaria con 7,5 ore di DaD a settimana.
Entrando più nel dettaglio, nella scuola primaria circa la metà dei genitori (47%) sostiene che il proprio figlio ha avuto da 1 a 5 ore di attività didattica a settimana mentre il 4,1% dichiara invece che i figli non hanno ricevuto alcuna proposta di DaD.
La scuola secondaria è riuscita invece a garantire a tutti un’offerta di DaD superiore alle 10 ore, ma il 16% e il 27% di genitori con figli rispettivamente nella secondaria di primo e secondo grado, sostengono di averne svolte di meno.
Una DaD tradizionale
Durante le ore di DaD le scuole hanno replicato sostanzialmente quello che tradizionalmente si fa in classe. La maggior parte dei genitori sostiene infatti che l’attività più diffusa è stata quella delle video-lezioni in diretta, seguita dalla condivisione online di spazi e documenti (es. Classroom) e dalla comunicazione di consegne attraverso il registro elettronico.
Esistono tuttavia delle differenze tra i diversi ordini scolastici: la scuola secondaria ha proposto più lezioni in modalità sincrona mentre la primaria, ha dato maggiore spazio a lezioni registrate e alla comunicazione asincrona con mezzi diversi dal registro elettronico (es. email o Whatsapp).
Questo dato viene confermato anche dagli insegnanti intervistati nella ricerca INDIRE. Secondo i docenti le pratiche didattiche più diffuse sono state infatti la lezione in videoconferenza e l’assegnazione di risorse per lo studio, entrambe con una frequenza che va dalle 2 alle 4 ore a settimana.
La motivazione sottotono con la DaD
Un aspetto interessante misurato attraverso il questionario riguarda i motivi della mancata partecipazione da parte degli studenti alla DaD.
Se per i dirigenti scolastici e gli insegnanti il digital divide ha rappresentato la ragione principale che ha portato gli studenti a non partecipare, per i genitori i due fattori che hanno compromesso maggiormente la partecipazione attiva dei figli sono rappresentati dalla scarsa motivazione e dal disagio emotivo, scaturiti per lo più da una difficoltà nella comunicazione a distanza e nel seguire le lezioni senza il sostegno di un adulto.
Le emozioni dei figli durante la DaD
L’isolamento obbligatorio e il lungo periodo passato tra le mura domestiche hanno sicuramente avuto effetti sulla sfera emotiva e comportamentale dei bambini/ragazzi.
Molti genitori hanno messo in luce proprio il forte disagio emotivo provato in quei mesi dai propri figli, con un aumento considerevole di comportamenti quali scarsa concentrazione, noia, cambi d’umore, frustrazione, dipendenza e bisogno d’aiuto, malinconia e senso di solitudine.
Tanta frustrazione e poca serenità
Anche ai genitori è stato chiesto di fornire un giudizio rispetto alla propria dimensione emotiva rispetto al momento storico che stavano vivendo e i risultati restituiscono un quadro prevalentemente negativo.
Dalle risposte emergono per lo più sentimenti di frustrazione, di solitudine e di rabbia generati da una condizione nuova e difficile da gestire.
Se si pensa alle continue richieste da parte della Scuola, alla convivenza forzata con i propri figli e allo smart working, le sfide da affrontare per gli adulti sono state parecchie e impegnative; conciliare la vita domestica con quella lavorativa ha reso i mesi del primo lockdown davvero difficili da gestire, rendendo quei momenti di convivenza non sempre sereni.
La DaD non deve essere il futuro
La valutazione complessiva sulla DaD da parte dei genitori è per lo più negativa.
Anche se concordano sul fatto che la didattica a distanza è stata un’opportunità per implementare le tecnologie e aumentare le competenze digitali dei propri figli, sembrano predominare aggettivi sfavorevoli, che vedono nella DaD un’esperienza spiacevole, demotivante, inutile, inefficace e, in ultima analisi, brutta.
Per le madri del campione la DaD non è quindi scuola. Riconoscono senza dubbio che ha rappresentato l’unica via percorribile in una situazione di emergenza, ma ritengono importante che i ragazzi e i bambini tornino a relazionarsi con i propri coetanei e a vivere la comunità scolastica quanto prima.
Approfondimenti
- Che ne pensi? La didattica a distanza dal punto di vista dei genitori – Report completo
- Gli insegnanti raccontano la DaD
- Gli ostacoli alla DaD nell’opinione dei dirigenti scolastici
- La valutazione e valorizzazione nella didattica a distanza
- 2019-2020: un anno scolastico fuori dall’ordinario
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