Cosa ci dice il contesto di provenienza sul percorso scolastico degli alunni?

Se si osservano i risultati ottenuti al termine della Scuola secondaria di primo grado alla luce del background socio-economico e culturale degli studenti ci si può fare un’idea sul possibile andamento della loro carriera scolastica.

I dati che la ricerca mette a nostra disposizione su un dato fenomeno ci offrono importanti informazioni non solo sul suo andamento, ma anche sulla sua genesi e sull’evoluzione che questo può avere in futuro.

I dati possono quindi svolgere una funzione di supporto, per quanto non esclusivo, nell’individuazione di tendenze e di processi evolutivi. Attraverso il confronto tra più fonti di informazioni, infatti, possiamo vedere più in là dell’evidenza immediata, riscontrata nel momento della misurazione.

I dati, correttamente raccolti e messi in relazione, possono raccontarci una storia.

Per comprendere meglio l’utilità della narrazione che i dati di offrono, in questo articolo vogliamo soffermarci potenzialità di supporto per azioni di aiuto dei risultati delle rilevazioni INVALSI, che possono darci alcune indicazioni sull’andamento del percorso scolastico degli alunni in base agli esiti conseguiti al termine del primo ciclo. Ma prima di entrare nel merito è forse opportuno fare una premessa.

Una storia di equità

L’obiettivo principale dei dati INVALSI è quello di misurare gli esiti di apprendimento degli studenti delle scuole italiane nelle discipline esaminate che, come è noto, sono Italiano, Matematica e Inglese. Ma questo dato, prezioso di per sé, è solo il punto di partenza per una piena comprensione del funzionamento della Scuola e, in particolare, dei divari presenti e della sua equità.

Per definire meglio il concetto di equità prendiamo in prestito le parole del Rapporto INVALSI 2023:

è ormai opinione condivisa ritenere equo un sistema scolastico nella misura in cui sa offrire e garantire a tutti gli studenti e le studentesse e a ciascuno di loro uguali condizioni e opportunità di apprendere.

In altre parole, la Scuola dovrebbe essere in grado di permettere a ciascun alunno di ottenere buoni risultati a prescindere dalle condizioni di partenza.

Una piena equità è però un obiettivo difficile da raggiungere ma, come afferma il Presidente Ricci,

comprendere le differenze che esistono nella popolazione scolastica aiuta a capire in quale direzione orientare gli investimenti – sia a livello didattico e formativo che a livello economico – rendendoli sempre più mirati alle esigenze della scuola nel suo complesso e di ogni singolo studente.

Un’accurata lettura dei dati può fornire però elementi utili per supportare le scelte dei decisori politici.

Ad esempio, sommando i dati della cosiddetta dispersione implicita – cioè quella relativa agli studenti che terminano il percorso scolastico senza raggiungere i risultati minimi previsti – alla quota di dispersione esplicita – misurabile mediante il vero e proprio abbandono scolastico – possiamo avere una visione più estesa e articolata del fenomeno. Ciò permette di pianificare azioni di contrasto per sostenere anche coloro che, anche se diplomati, non hanno maturato competenze adeguate.

Cosa accade se i risultati non sono dei migliori

In passato, con il supporto dei dati, abbiamo già avuto modo di constatare come

i risultati ottenuti nelle Prove INVALSI dai nostri studenti in seconda e in quinta superiore sono fortemente influenzati dai risultati in uscita dalla scuola media.

Roberto Ricci ha affermato che

sono ancora troppo pochi gli allievi che riescono a superare le difficoltà accumulate fino alla terza media e a uscire dalla scuola superiore con livelli di preparazione di base in linea con quanto è previsto dalle Indicazioni nazionali o Linee guida.

E ha sottolineato anche che

la scarsa mobilità dei risultati è ancora molto influenzata dal contesto di provenienza degli studenti.

Il contesto di provenienza dei ragazzi gioca infatti un ruolo molto importante sui livelli di apprendimento conseguiti. Determinare l’influenza del background socio-economico e culturale aiuta quindi a comprendere meglio l’effetto scuola, cioè il reale contributo dato dalla scuola ai risultati degli allievi.

Per misurare tale influenza l’INVALSI utilizza l’indicatore statistico ESCS – l’Economic, Social and Cultural Status – che definisce lo status sociale, economico e culturale delle famiglie degli studenti che partecipano alle Prove INVALSI.

Cosa accade a chi consegue risultati elevati

Chi ottiene risultati modesti alla fine del ciclo primario sembra avere maggiori difficoltà a raggiungere gli obiettivi formativi previsti al termine del secondo ciclo e tali difficoltà aumentano al diminuire dell’ESCS.

In maniera analoga un contesto di provenienza più favorevole aiuta a mantenere risultati più elevati nel tempo.

Osservando i dati INVALSI relativi al background in relazione ai voti conseguiti in terza media possiamo notare come la percentuale di voti elevati aumenta al crescere dell’ESCS (Tavola 1).

Questo è un dato che solitamente si riscontra nella letteratura scientifica: uno status socio-economico e culturale più elevato si traduce solitamente in una serie di vantaggi per lo studente, che ha a disposizione più libri e risorse didattiche a casa, maggiore disponibilità di spazi per studiare, ecc.

Al termine del primo ciclo di istruzione raggiungono il voto più alto 18 alunni con ESCS alto su 100, risultato raggiunto solo da 3 alunni con ESCS basso su 100.

Allo stesso tempo 9 alunni con ESCS basso su 10 ottengono un voto meno elevato, a differenza dei coetanei con ESCS alto, dei quali solo poco più della metà del totale ottiene un punteggio basso.

Se poi confrontiamo i dati con la percentuale di alunni che non termina regolarmente il secondo ciclo di istruzione, a causa di ripetenze o per abbandono, possiamo notare come i valori decrescono all’aumentare del voto ottenuto. Anche in questo caso un ESCS maggiore corrisponde a un tasso di abbandono minore (Tavola 2).

Continuando con l’analisi dei dati, l’effetto dell’ESCS si riscontra, seppure in maniera minore, anche nelle percentuali di alunni che hanno ottenuto un voto alto alla fine del primo ciclo e un voto maggiore di 95 al termine del secondo (Tavola 3).

Chi ha un buon voto alla licenza media riesce ad avere un buon punteggio alla maturità in circa la metà dei casi.

Se invece valutiamo l’effetto dell’ESCS sul numero di alunni che hanno ottenuto un risultato alto nelle Prove INVALSI al termine di entrambi i cicli di istruzione notiamo come la percentuale aumenta all’aumentare del valore dell’ESCS (Tavola 4).

Gli studenti che hanno un contesto di provenienza più elevato tendono a conseguire punteggi più elevati nel tempo rispetto ai loro coetanei.

1 Per risultato alto nelle Prove INVALSI si intende avere raggiunto il livello 4 o 5 sia nella prova di Italiano sia in quella di Matematica e il livello A2 del QCER in entrambe le prove di Inglese della scuola secondaria di primo grado e il B2 in quelle svolte al termine della scuola secondaria di secondo grado (B1+ per gli istituti professionali).

Un ultimo elemento di riflessione è poi costituito dalla percentuale di alunni che non si immatricolano all’università dopo aver ottenuto un risultato alto nelle Prove INVALSI del grado 13: la percentuale maggiore si osserva in corrispondenza di valori dell’ESCS più bassi (Tavola 5).

Appare quindi abbastanza evidente come durante il percorso scolastico l’effetto del contesto di provenienza influenzi i risultati ottenuti: chi ha un background familiare migliore riesce più agevolmente sia a recuperare eventuali carenze formative sia a mantenere punteggi elevati.

Al contrario, chi sperimenta gli effetti di un contesto svantaggiato ha difficoltà sia nel recupero di eventuali deficit formativi sia nel mantenere punteggi elevati nel corso della carriera scolastica.

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