L’emergenza sanitaria globale generata dalla pandemia COVID-19 ha messo in luce ancora una volta, con evidenza ancora maggiore che in passato, il ruolo degli insegnanti come forza motrice nel processo di apprendimento in ogni ciclo d’istruzione. Ma come cambia questa professione, la cui centralità è riconosciuta a livello europeo, e quali esigenze pone questo cambiamento?
In generale in Europa ci si confronta con il problema dell’attrattività che la professione docente esercita e ci si interroga su quali sono o possono essere i fattori sociali, culturali ed economici che influiscono su questo andamento.
Un ritratto a grandi linee
Se si vuole tracciare un ritratto a grandi linee del corpo docente oggi, le caratteristiche che per prime colpiscono l’attenzione sono due: la prevalenza di donne e l’età elevata.
L’OCSE spiega lo squilibrio tra i generi con il permanere dello stereotipo che lega le donne ai lavori di cura e con la retribuzione più bassa rispetto ad altre professioni. Le implicazioni sulla formazione dei giovani non sono certo trascurabili, poiché questa preponderanza di figure femminili
Cosa determina questo andamento
Le cause che determinano l’andamento di un fenomeno non sono mai lineari né semplici; le variabili da considerare infatti sono molte e cambiano nel tempo.
Se la retribuzione che i docenti percepiscono è uno dei motivi che in molti Paesi europei – come nel nostro – causano l’attuale composizione del corpo docente, sarebbe però erroneo considerarla come la ragione principale di una certa perdita di interesse verso questa professione.
Uno dei fattori ulteriori alla retribuzione che agiscono come deterrente è infatti è la percezione che i docenti hanno circa l’apprezzamento sociale verso l’insegnamento.
Secondo i dati dell’Indagine internazionale TALIS – Teacher and Learning International Survey – tra il 2013 e il 2018
Un altro motivo che può indurre demotivazione è lo stress, dovuto nella nostra scuola a diverse cause, come l’impegno richiesto non solo dall’attività in aula ma anche dagli adempimenti burocratici legati alla didattica, a cui si aggiunge la progressione di carriera lenta.
A queste ragioni si sono sommati gli sviluppi tecnologici, che richiedono l’uso di nuovi modelli di apprendimento e che hanno avuto un ruolo importante nell’imprevista urgenza generata dalla pandemia.
Ma allora perché si sceglie di insegnare perché il 65% dei docenti ha posto questa come prima scelta professionale?
I motivi della scelta di insegnare
Lo studio OCSE TALIS, oltre a osservare gli orientamenti pedagogici, le pratiche didattiche, le relazioni con colleghi e dirigenti che appartengono alla vita del docente, ha dedicato spazio alle loro motivazioni all’insegnamento, distinguendo le motivazioni esterne (retribuzione, sicurezza del lavoro, status della professione ecc.) da quelle interne.
È proprio questo secondo gruppo – che raccoglie dimensioni quali l’autoefficacia, la padronanza della disciplina, il valore sociale dell’insegnamento, la preferenza per un lavoro con i bambini e giovani, l’interesse nella crescita professionale e per la formazione, l’impegno a collaborare con i colleghi, la soddisfazione per il lavoro in sé – a prevalere nel 78% dei docenti raggiunti dall’indagine.
Le diverse indagini offrono quindi dati diversi, che a volte possono anche apparire non del tutto allineati, ma che in ogni caso mostrano la vitalità di un sistema dinamico come la scuola, che per la sua struttura e la sua mission non può mai smettere di interrogarsi su se stesso e sui suoi rapporti con la rete sociale.
Approfondimenti
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- Why is the gender ratio of teachers imbalanced?
- Results from TALIS 2018
- Rapporto Scuola Media 2021
- Online l’indagine internazionale OCSE 2018 su insegnamento e apprendimento. I principali dati italiani
- Materiali di approfondimento
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