Evidenze empiriche e miglioramento. Un rapporto da coltivare

L’idea che le persone hanno delle indagini valutative, che con diverse finalità pongono al centro del loro interesse il sistema scuola, è cambiata nel tempo. Il contributo che le evidenze empiriche hanno dato e danno a questo cambiamento culturale è l’oggetto intorno al quale ruota la breve riflessione che vi proponiamo.

Il percorso evolutivo che la cultura e la pratica della valutazione hanno compiuto in questi anni a livello nazionale e internazionale – attraverso prove standardizzate, ma non solo con queste – ha modificato l’opinione che le persone hanno sul valore delle informazioni di queste indagini sia per il sistema scolastico sia per il più ampio sistema sociale.

A questo cambiamento ha contribuito il dibattito, spesso acceso e vivace nei toni, che ha visto contrapporsi non solo detrattori e sostenitori ma anche favorevoli con posizioni diverse.

Se guardiamo alla valutazione esterna, per esempio, troviamo i favorevoli disposti su due schieramenti, che a grandi linee possono essere individuati in chi concorda sulla scelta di renderne pubblici i risultati e chi invece ritiene che questi debbano rimanere patrimonio interno di ogni singola scuola.

Al di là delle disquisizioni che potrebbero legittimamente sorgere sul principio di trasparenza, è forse opportuno soffermarci per fare alcune riflessioni che potranno probabilmente apparire piuttosto semplici. Ci assumiamo questo rischio e, nel caso in cui ciò accada, ce ne scusiamo fin d’ora.

Partiamo da un assunto di base che pensiamo troverà tutti d’accordo: la scuola è chiamata a dare a ogni allieva e a ogni allievo una prospettiva positiva, accettando in pieno quel compito formativo che le è proprio e traducendolo in azioni concrete.

Ciò sarebbe però molto difficile se il sistema scuola non potesse disporre di quelle evidenze empiriche che un’osservazione a tutto campo permette di individuare, di leggere e di interpretare alla luce di quadri di riferimento che nella nostra scuola sono da tempo definiti.

Ma siamo pronti ad affrontare veramente le differenze che le valutazioni mettono in luce in modo empiricamente riscontrabile, senza anteporre all’informazione il filtro cautelante di posizioni preconcette di senso comune, quelle che in genere si trincerano dietro l’adagio “ci vorrebbe ben altro”?

Dal confronto serrato e costante che, come Istituto, abbiamo con le scuole ci sentiamo di dare una risposta affermativa.

Questa non è però un punto di arrivo, ma anzi definisce un impulso costante allo sviluppo di un modello di valutazione esterna che offra un riferimento definito per quanti sono coinvolti nel processo valutativo.

È vero che un modello, in quanto tale, è una esemplificazione e può essere parziale; la sua chiarezza è però argine al rischio di letture e interpretazioni fuorvianti delle situazioni o di comparazioni arbitrarie, pericolo molto accentuato per un sistema complesso e plurale quale è la scuola.

La valutazione, nelle sue diverse forme, è strumento di confronto e dialogo per affrontare criticità ma anche per scoprire risorse.

Pensiamo ad esempio all’esigenza di miglioramento della qualità dell’istruzione per il contrasto al fenomeno della dispersione scolastica implicita, che pone seri interrogativi a livello sociale ed educativo, oppure alle differenze regionali nel sistema scolastico, molto evidenti e molto preoccupanti, sulle quali urge confrontarsi e interrogarsi. Sono temi delicatissimi per l’intero Paese, non spiegabili e non giustificabili sulla base di sole considerazioni di carattere socioeconomico.

La questione del miglioramento dell’esistente è prima di tutto culturale e richiede a tutti coloro che a vario titolo vi sono coinvolti la disponibilità a riconoscere che è impensabile non disporre di informazioni o negarne l’accessibilità a quanti, con diverse funzioni, sono interessati al funzionamento di quell’asse portante per il presente e il futuro di ogni Paese che è la scuola.

La disponibilità di dati valutativi ci aiuta a vedere gli elementi del sistema come oggetti in relazione e a entrare in una logica di analisi e di lavoro sinergico, che sarebbe impossibile assumere se si considerassero i diversi fattori come componenti separate.

Avere evidenze empiriche, quindi, non ha affatto lo scopo di costruire classificazioni ma è la via maestra per innescare un cambiamento che renda effettive istanze fondamentali per una scuola di qualità, quale quella di formare i nostri giovani a essere cittadini responsabilmente attivi, in grado di esercitare con pienezza e autonomia i diritti e i doveri di cittadinanza.

Foto di Depositphotos

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