Il benessere mentale infantile come capitale umano

La salute dell’infanzia è sempre più intesa come una forma importante di capitale umano, ma solo recentemente abbiamo iniziato a capire quanto sia preziosa e come il suo sviluppo debba essere meglio supportato.

Il benessere mentale infantile come capitale umano

In una conferenza svolta recentemente all’Università Bocconi, Janet Currie, docente della Princeton University, ha presentato una panoramica degli studi più recenti che riguardano la salute mentale infantile, evidenziando quanto i margini di miglioramento negli ambiti delle diagnosi e dei trattamenti siano interessanti anche dal punto di vista dei costi economici per le Nazioni.

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Il costo economico e sociale

La ricerca economica ha sempre guardato all’istruzione come alla forma più rilevante di capitale umano, lasciando il benessere dei bambini sullo sfondo.

Negli ultimi anni, tuttavia, la salute nell’infanzia è stata promossa come una preziosa forma di capitale umano, la cui tutela, fin dalla primissima infanzia, contribuisce in modo determinante alla salute e produttività degli adulti.

Costo dei problemi di salute mentale in Europa

I costi economici e sociali che derivano da condizioni di malessere, indipendentemente dalla loro origine, sono piuttosto elevati e si stima che superino in media il 4% del PIL nei paesi UE.

Si può tuttavia intervenire per ridurli e ancora più per evitare che insorgano.

I problemi di salute mentale, come depressione, disordini legati all’ansia, all’uso di alcool o droghe, riguardano più di una persona su sei in Europa. In Italia si spende il 3,3 per cento del PIL per i problemi legati alla salute mentale.


J. Currie

L’importanza di un intervento precoce

Nella sua lezione all’Università Bocconi, Janet Currie ha evidenziato come i problemi di salute mentale siano estremamente comuni.

Circa il 22 per cento degli adolescenti statunitensi hanno sofferto di seri disagi a causa delle condizioni di salute mentale, numeri che riflettono la situazione tra gli adulti.


Secondo la ricercatrice, esistono prove crescenti che le condizioni di vita nel periodo prenatale possano influenzare, nel lungo periodo, la salute mentale della persona.

È il caso di alcuni shock intervenuti durante la vita intrauterina, i cui effetti si riverberano sulla vita successiva. Lo mette in luce un’indagine del 2018 di Persson e Rossin-Slater che la studiosa ha illustrato nel corso del suo interessante intervento.

Analizzando i dati della nascita riportati nel registro svedese, i ricercatori hanno collegato la morte di un parente stretto della madre avvenuta durante la gravidanza ai disturbi diagnosticati successivamente nel bambino.

Quando si verificano questi eventi traumatici, la probabilità che al bambino vengano somministrati farmaci per l’ADHD, il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, aumenta del 25%, mentre la probabilità che usi farmaci per trattare l’ansia o la depressione in età adulta aumenta rispettivamente del 13% e del 18%.

Una diagnosi tempestiva e un intervento precoce possono quindi prevenire futuri problemi di salute mentale?

La Professoressa Currie ne è convinta e porta a testimonianza di ciò i risultati ottenuti dalla partecipazione ad alcuni programmi di supporto per le donne in gravidanza.

In particolare, in uno studio di Chirnyu, Currie e Sonchak è stato esaminato l’impatto della partecipazione delle mamme in attesa nel programma di educazione alimentare per donne, neonati e bambini (WIC).

Rispetto ai fratelli vicini di età, i bambini che hanno partecipato al programma alimentare in epoca prenatale presentano una probabilità inferiore del 5% di ricevere una diagnosi di ADHD e una probabilità inferiore del 5,1% di ricevere una delle diagnosi che vengono comunemente fatte durante l’infanzia.

In periodi successivi dello sviluppo gli stessi bambini presentavano anche il 7,9% di probabilità in meno di ripetere un anno scolastico.

La politica può promuovere una migliore salute mentale dei bambini

Negli ultimi anni, le diagnosi che attestano una difficoltà o un disturbo a carico della salute mentale, o quanto meno del benessere, nei bambini sembrano essere aumentate in modo evidente.

Il dato numerico, per quanto preoccupante, non deve tuttavia essere attribuito sbrigativamente a un incremento di problematicità.

Sulla numerosità influisce, infatti, un elemento in sé positivo, ovvero la diffusione di screening precoci, che permettono di individuare tempestivamente i deficit o di coglierne i segnali predittori di futuro sviluppo.

Altro elemento positivo è inoltre la disponibilità di indicatori diagnostici e di strumenti più validi e attendibili di quanto non fosse fino a pochi anni fa.

Come afferma Jane Currie:

I dati a disposizione mostrano che la politica può promuovere una migliore salute dei bambini in molti modi, sebbene la garanzia dell’accesso all’assistenza sanitaria e agli screening preventivi rimanga fondamentale.

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